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Fattorie Sociali: l’imprenditoria ed il ruolo dei disabili

L’integrazione è possibile valorizzando le risorse agricole

È finita l’epoca del mero assistenzialismo basata sul ruolo passivo delle persone diversamente abili. Ora l’imprenditoria agricola può valorizzare i propri prodotti attraverso le Fattorie Sociali e la loro capacità di coinvolgere lavoratori disabili non più considerati come semplici soggetti di programmi di cura, ma come persone in grado di contribuire con professionalità e forza allo sviluppo di questo settore.

Disabili psichici e fisici, detenuti, tossicodipendenti in terapia e molte altre categorie sono coinvolti nel progetto delle Fattorie Sociali: aziende che hanno come scopo specifico il coinvolgimento attivo e partecipativo dei diversamente abili nei processi produttivi, non più e solo a scopo terapeutico riabilitativo ma attraverso un vero e proprio ruolo attivo all’interno di un contesto lavorativo concreto.

La creazione e lo sviluppo di una “Rete” di strutture di questo tipo, rappresenta un importante passo avanti, una rivoluzione copernicana nel modo stesso di intendere le politiche sociali, un passaggio fondamentale che trasforma l’assistito da fruitore di cure passivo a “soggetto attivo” e legato al ciclo produttivo. E rappresenta altresì un’occasione irripetibile di collegare produttivamente due realtà, quella dell’imprenditoria agricola e quella del Terzo Settore.

Ma cosa sono e come funzionano le Fattorie Sociali? Nate in Olanda con il nome di Social Care Farms intorno agli anni Novanta, sono imprese agricole che hanno organizzato in azienda i servizi di reintegro nei confronti di persone con disabilità fisica o mentale. Strutture, quindi, che hanno possibilità di ampliare la propria competitività economica e di favorire il rilancio dell’agricoltura attraverso attività che hanno un alto valore sociale ed etico.

Del resto, secondo quanto dimostrato da recenti indagini sui consumi alimentari, il 20% dei consumatori italiani quando fa la spesa, va alla ricerca di prodotti etici ed è disponibile a pagare anche il 15% in più di sovrapprezzo per premiare il valore sociale e culturale incorporato in quei prodotti.